Profumo di Sale

Provate; andate in pescheria, al mercato ittico, fra i banchi di Cervia, Cesenatico, Rimini, Bellaria, Porto Garibaldi, Comacchio, guardate i tanti e diversi tipi di pesce, di crostacei e di molluschi, diversi in ogni stagione dell’anno. Chiedete i loro nomi, non chiedete di pulirli ma fatevi spigare come farlo e poi come esaltarli sulla vostra tavola, immergetevi in tutto questo pescato, nelle “fatiche” di chi lo ha fatto, ora, preoccupatevi che sia conservato a regola d’arte ed appena uscito dal’acqua salata.

Guardate i prodotti ittici del vostro Adriatico e la loro stagionalità.

Vi diamo qualche consiglio per metterli in tavola, al meglio della stagionalità.

Nei mesi di gennaio, febbraio e marzo la fanno da padrona le poverazze “chamelea gallina” o vongoline o anche lupini ma anche i lumachini “nassarius mutabilis”.

Vi potrebbe capitate di vedere qualche “pescatore“/ “raccoglitore” sulla battigia che fa raccolta a busanèla“, e qualcun’altro che, davanti, in pochi centimetri di acqua di mare utilizza per la cattura “e’ smenacùl. Cibo che ci si procurava da riva assieme a granchi (Carcinus aestuarii) ed ai cannelli (solen marginatus).

Stesso periodo: momento anche di canocchie (squilla mantis) o pannocchie con due caratterizzate macchie violacee sulla coda che sembrano occhi, utili ad ingannare i predatori che attaccano. Buonissima, irresistibile, una vera specialità della pesca dei fondali sabbiosi dell’adriatico, assolutamente uno dei migliori crostacei.

Ad inizio anno sui banchi troviamo anche la mazòla, Il romagnolissimo tistòn, non è altro che l’italianissima mazzola (chelidonichthys lucerna) già gallinella di mare. Carni bianche, gustose e morbide, testa grande, e qesta particolarità ha fatto si che in Romagna si usi il detto “L’ha una testa com una mazòla!” Ha la testa come una mazzola.

Altro gustosissimo pesce, questa volta azzurro: i sardoncini in italiano alici, nome scientifico (Engraulis encrasicolus), qualità top da novembre ad aprile, comunque prima dell’estate. Con piadina radicchio e cipolla i sardoncini diventano senza parole (non servono davvero!).

Provate ad andare in pescheria, ci sono molti altri stimoli…

ANGUILLA (Anguilla anguilla), ASTICE (Homarus gammarus), BOBA (Boops boops), branzino o spigola (Dicentrarchus labrax), CALAMARO (Loligo vulgaris), CEFALO (Mugil chephalus), paganello o guvat (Gobius paganellus), mazzancolla o gamberone (Penaeus kerathurus), merluzzo o nasello (Merlucius merlucius), MORMORA (Lithoniatus mormyrus), ORATA (Sparus auratus), PALAMITA (Sarda sarda), PALOMBO (Mustelus mustelus), PASSERA (Platichthys flesus flesus), POTASSOLO (Micromesistius poutassou), RAZZA (raja clavata), rombo (Psetta maxima), SARAGO (Diplodus vulgaris), SARDINA (Sardinia pilchardus), SCAMPO (Nephreps norvegicus), SCORFANO (Scorpaena scrofa), SEPPIA (Sepia officinalis), SGOMBRO (Scomber scombrus), SOGLIOLA (Solea vulgaris), sugarello o suro (Trachurus trachurus), TONNO ROSSO (Thunnus thynnus), TRIGLIA DI FANGO (Mullus barbatus).

…e ci sono tanti ottimi “posti” Trattorie, Ristoranti, Chioschi pronti a stupirvi con le loro proposte.

Sarda in Saor

Era il metodo di conservazione che usavano i pescatori dell’alto Adriatico i quali avevano l’esigenza di tenere il cibo a bordo per molto tempo o comunque il più a lungo possibile. Una volta cotte le cipolle con aceto e olio, si posavano a strati inframezzati da sarde fritte in contenitori di terracotta. Col passare del tempo la ricetta ha acquisito tonalità gustative più “aristocratiche”; fu aggiunta infatti l’uva sultanina che serviva a favorire la digestione e ad addolcire bocca ed alito dei suoi degustatori, con risvolti relazionali comprensibili. La ricetta moderna prevede anche i pinoli ed il miele. I pescatori mangiavano le sarde in saor dopo che era passato un po di tempo dal momento della loro preparazione, la tonalità di gusto del prodotto era quindi quella del conservato. Per questo motivo, ancora oggi, quando si preparano le sarde in saor, è buona norma consumarle almeno dopo un giorno di assestamento. 700 g di sarde fresche, 1400 g di cipolla bianca, farina 00 o farina di riso q.b. olio semi di arachide q.b. olio extra vergine d’oliva q.b. sale integrale di Cervia, pepe nero in grani, 1 cucchiaio di miele, 150 g di aceto bianco, 150 g vino bianco, 50 g di uvetta sultanina, 50 g di pinoli leggermente tostati. Pulite le sarde eliminando testa, interiora e lisca ma lasciando attaccata la coda; sciacquatele bene e chiudetele come se fossero ancora intere. Infarinatele e friggetele in olio di arachide, mettetele ad asciugare su carta assorbente e regolate di sale. Affettate le cipolle e mettetele a stufare con un po’ di olio extravergine d’oliva facendole cuocere molto lentamente e fino a quando non si appassiscono. Salate e pepate, aggiungete il miele, poi l’aceto e per ultimo il vino bianco e fate evaporare. A fine cottura, unite l’uvetta precedentemente ammollata in acqua tiepida, i pinoli ed i grani di pepe. Aggiustate di sale e e versate il composto con le cipolle, ancora calde, sulle sarde, già disposte in una pirofila o contenitore di terracotta, chiudete bene e fate riposare minimo 24 ore (meglio 36). Servite a temperatura ambiente.

Ricetta classica reinterpretata da:

Giuliano Fesani Chef del Circolo la Torre Cesena

Sardella Impanata e Fritta

Bisogna non essere dei novellini in fatto di pesce per gustare questo piatto. Nella sua stagione, a primavera inoltrata, la sardella è bella e grassa. È gustosissima quindi. Tagliatele la testa (che in questo caso, come del resto in molti casi della vita, non serve a nulla), ripulitela delle scaglie d’argento e delle interiora, “sparatela” nel mezzo (quant’è brutto questo modo di dire!), dalla parte della schiena e levatele la spina, In un piatto a parte avrete sbattuto, con sale e un po di pepe uno o più uova. Passate, una alla volta, le sardelle nella mollica di pane, ben fine, aiutandovi con le dita perché questa aderisca, immergetele nell’uovo sbattuto e poi subito in padella, naturalmente in olio bollente. Un pizzico di sale, ma limone abbondante (che stempera il gusto del grasso).

Da Mangiari di Romagna

G. QuondamatteoL. PasquiniM. Caminiti Grafiche Galbati Imola anno 1960

Razza in Bianco

Lessate la razza in acqua salata con odori di sedano, carota, cipolla e fate bollire per mezz’ora. Colatela e dopo freddata, conditela con salsa piccante o salsa di alici, capperi e prezzemolo, La salsa sia calda.

Da Mangiari di Romagna

G. QuondamatteoL. PasquiniM. Caminiti Grafiche Galbati Imola anno 1960

Risotto ai Guvat

Riso Vialone Nano 80 g a persona che porterete a cottura in padella tostandolo per qualche istante per poi aggiungere il brodo di Paganelli (Guvat in dialetto romagnolo) molto caldo fino a cottura ultimata. Per il brodo. 1 kg paganelli freschi, 1 costa di sedano, 1 carota, 1 cipolla, 2 pomodori maturi, sale qb, 2 litri acqua. Prendetevi del tempo perché i paganelli sono piccoli e oltre a pulirli dalle interiora vanno squamati. Metteteli a bollire in una pentola d’acqua assieme a sedano, carota, cipolla, e pomodori. Fate cuocere a lungo, almeno un’ora, finché i paganelli sono ben spolpati, quindi filtrare acqua di cottura e polpa di pesci con un telo stretto stretto. Ne ricavate un brodo che è assieme semplicità e sette meraviglie, denso e scuro, ricco di sapore di pesce, senza vederne più.

Da Le Minestre Romagnole di Ieri e di Oggi

Graziano Pozzetto – Panozzo Editore Anno 2009

Grattini con Brodo di Seppia

Preparare la pasta lavorando 300 grammi di farina tipo 0 con 3 uova, scorza di limone e noce moscata, formate un cilindro sulla spianatoia e tagliarlo a fette che lascerete asciugare per almeno 2 ore. Quando si saranno asciugate, battetele con il coltello e ricavatene dei chicchi di pasta,, lasciateli stesi che si disidratino ancora un po’. Pulite e lavate bene 700 g di seppia fresca,tritatela a pezzetti non troppo fini, mettete il battuto di 1 cipolla (meglio se rossa) all’interno di un tegame con extravergine abbondante, lasciate andare a fuoco lento per qualche minuto poi aggiungete la seppia che farete rosolare, completate con passata di pomodoro o pomodoro fresco maturo e brodo vegetale bollente, regolate con sale integrale di Cervia e pepe bianco. Il brodo dovrà cuocere per non meno di un’ora e mezza tenendo controllato che il livello del brodo non si abbassi troppo. Ora tuffate i grattini nel brodo, cuoceteli per qualche minuto serviteli ben caldi con pepe macinato fresco, olio extravergine d’oliva e se piace un po di prezzemolo. Queste dosi basteranno per 5/6 persone.

Ricetta tradizionale rivisitata da:

Antonio Ravegnini

Brodetto (deliscato)

Scrive un noto esperto di cucinaria che per ottenere un buon brodetto con tutte le regole d’arte “occorre un buon fiuto, occorre fiutare l’aria al mattino di buon ora, avanti al mare, indovinare se quello è giorno di tutte le qualità di pesce, perché se al brodetto manca un pesce, un solo pesce, un pesciolino, un pesce da nulla, il brodetto non è più brodetto”

Da Mangiari di Romagna

G. QuondamatteoL. PasquiniM. Caminiti Grafiche Galbati Imola anno 1960

2000 g di pesce freschissimo in eguali proporzioni fra mazzola, cagnolo, seppiolina o calamaretto, pesce ragno, triglia, pesce prete, scorfano, canocchia grossa o granchio 150 g di scalogno di Brisighella, 200 g di passata di pomodoro, farina di riso, 100 g aceto di vino rosso, olio extravergine di oliva, acqua, 1 anice stellato, sale integrale di Cervia, pepe macinato fresco, scorza di arancia e limone, timo limonato.

Pulite e deliscate il pesce facendo attenzione a lasciare integri i filetti (aiutatevi in questa fase tenendo sia il pesce ancora da deliscare sia quello già ridotto a filetti in acqua e ghiaccio ), tenete da parte le teste e le lische, serviranno per il fumetto che preparerete in un largo tegame rosolando in olio d’oliva, 50 g di scalogno tritato finemente. Appena lo scalogno accenna ad imbiondire unite teste e lische e dopo 5 minuti aggiungete un frutto (stella) di anice stellato e coprite con acqua. Fate andare per almeno un’ora tenendo il brodo schiumato, pulito ed a basso bollore poi filtrate schiacciando tutto molto bene. Tenete il fumetto al caldo. Ora, in una casseruola larga e bassa (il pesce non va sovrapposto, non andrà ne girato ne spostato con cucchiai, pinze etc quindi valutate correttamente la dimensione del tegame ) aggiungete generosamente (ma senza esagerare) olio extravergine di oliva e rosolate il restante scalogno tritato finissimo, togliete dal fuoco e disponete i filetti di pesce posizionando la parte della pelle a contatto del tegame, Potete anche fare questa operazione senza togliere la casseruola dal fuoco inserendo il pesce in base alla struttura e resistenza al calore es. seppia o calamaro poi cagnolo e via via con canocchia o granchio e poi tutti gli altri in base alla pezzatura, cuocete a fuoco vivo per qualche minuto e sfumate con aceto a fuoco alto, lasciate evaporare ed aggiungete la salsa di pomodoro ( si raccomanda di non toccare il pesce con nessun strumento potete pero muovere leggermente il contenuto della casseruola facendola roteare leggermente dai manici ) lasciate per qualche secondo che in pomodoro si distribuisca poi abbassate la fiamma ed aggiungete il fumetto bollente fino a coprire il pesce (non dovete esagerare, ne aggiungerete poi dell’altro se cala troppo). Da ora il vostro brodetto dovrà “andare” a fuoco bassissimo e senza coperchio per un’oretta circa. Prima di servire aggiungete una spolverata di scorza di arancia e di limone, qualche fogliolina di timo limonato, una bella macinata di pepe fresco ed un filo di extravergine, il brodetto deve essere ben caldo e servito con crostoni di polenta grigliata.

Ricetta tradizionale rivisitata da:

Antonio Ravegnini

Frittura di Paranza

Tutto quello, purché di piccola taglia o perché invenduto, che ogni pescatore, in passato classificava “scarto”. Questo piatto prende il nome da, le variabili sono queste: piccola imbarcazione costiera in legno utilizzata dalle marinerie italiane oppure, rete per la pesca di fondo trainata a strascico, guarda caso da due imbarcazioni (paranze), a voi la scelta! Zanchetti, sardoncini, piccole mazzancolle o piccoli gamberetti, merluzzetti, granchietti, ghiozzi, trigliette, calamaretti, moletti, piccole canocchie, acquadelle, seppiolini, a seconda della stagione queste le tipologie di pescato da utilizzare. Farina 00 o farina di riso ed olio di arachidi, sale integrale di Cervia, pepe e nient’altro. Pulite il pesce ed immergetelo in acqua e ghiaccio fino al momento della frittura. Portate l’olio in temperatura facendo attenzione a non superare mai il punto di fumo, infarinate ed eliminate accuratamente la farina in eccesso, immergete il pesce nella padella (meglio se larga, non esagerate nella quantità che andate a friggere, meglio operare in due o più volte per fare in modo che la temperatura dell’olio non scenda troppo velocemente). A cottura ultimata estraete ed asciugare il fritto su carta assorbente, salate, pepate e servite caldissimo. Una piccola variante alla tradizione? Aggiungete alla paranza delle foglioline di salvia che andrete a friggere infarinate.

Ricetta classica reinterpretata da:

Giuliano Fesani Chef del Circolo la Torre Cesena

 

A presto, a tavola

Antonio Ravegnini